DCP1909


Malaspina Spino fiorito

Stemma di ns produzione

realizzabile a richiesta su misura

pietra arenaria

dimensioni: 40 x 28 cm

180,00 €

Prezzi esposti al netto d' I.V.A.


english version

Malaspina coat of arms

15.74 x 11.02 inches

sand stone

180,00 euro

The family of Malaspina ruled many fiefs in a vasta area in North West Italy. Their name, meaning 'bad thorn', comes from the thorny plum branch, which appear also on their coat of arms (up center in the picture). This photograph was taken in the Malaspina castle of Fosdinovo, near Sarzana (La Spezia)


tax free for Shipment Outside Italy

 

Stemma dei Malaspina

 

i  MALASPINA:

Tra il 950 e il 951 Berengario II, re d'Italia, costituì le tre marche di Torino (concessa ad Arduino d'Ivrea), della Liguria occidentale (concessa ad Arelamo, antenato dei marchesi del Monferrato) e della Liguria orientale (concessa a Oberto, conte di Luni, con centri principali in Tortona, Genova e Luni). Da Oberto I derivarono diversi rami nobiliari importanti : i marchesi d'Este, i Pallavicino, i Cavalcabò di Cremona, i marchesi di Massa, Corsica e Sardegna, i principi di Brunswick e di Hannover - da cui la casa reale d'Inghilterra - ed i Malaspina. Capostipite dei Malaspina fu il marchese Alberto, padre di Obizzo I.
I marchesi Malaspina, che controllavano direttamente una vasta zona di appennino tra la Lunigiana e la Pianura Padana ebbero il castello avito di Auramala (oggi Oramala, non lontano da Varzi, nell'Oltrepò Pavese). Non sappiamo precisamente quando la famiglia si stabilì a Oramala, ma dovette essere prima della metà del sec. XI. Anche il Castello di Nazzano fu un'antica proprietà della famiglia, che lo vendette nel 1081.

Nel 1164 il Barbarossa donò in feudo ai Malaspina diversi castelli fra l'Appennino e il Po, nei possedimenti dell'abbazia di San Colombano di Bobbio, e consolidò la loro presenza sul territorio lombardo. I possedimenti della famiglia Malaspina si estesero in tale circostanza sino al basso corso del Trebbia, con la donazione del castello di Rivalta.
La famiglia Malaspina costituì un ponte attraverso l'Appennino con i suoi possedimenti, che collegavano direttamente la Lunigiana all'Oltrepò Pavese.
Ciò si rivelò prezioso e permise a Federico Barbarossa di ritirarsi verso il nord e di evitare un agguato a Pontremoli, nel 1167, dopo la sua precipitosa fuga da Roma.
Le cronache tramandano un episodio assai significativo. Nel 1167, mentre cavalcava per i suoi feudi a fianco dell'imperatore, il marchese Obizzo I non esitava a confessargli "Cosa volete, in siffatti paesi che nulla producono bisogna pur vivere di rapina !" Il marchese Obizzo I, detto "il grande", fu un personaggio famoso per le sue imprese e per la rilevanza politica che tutti gli riconoscevano. Fu ritenuto a giusto titolo il restauratore del casato, per l'autorità che gli derivò dall'amicizia con Federico Barbarossa. Il nome Obizzo o Obizio, o anche Obizzone (dal quale derivo anche il diminutivo Opicino) deriva dala latino Obitius, "colui che si interpone, colui che affronta un pericolo o si cimenta in un'impresa". Il diminutivo Opicino è presente (nella forma Opetì) nella tenzone "Donna tant vos ai preiada" di Raimbaut de Vaqueiras. Esso fu anche il nome del famoso prete e storico di Pavia, Opicino De Canistris.
Nel castello di Oramala Obizzo I Malaspina visse con tre figli, Moroello, Obizzo II e Alberto. Da Moroello (che sposò una Frangipani, di Roma) nacque Guglielmo, da Obizzo II e da Giordana, figlia di Guglielmo IV del Monferrato, nacque Corrado "l'Antico" (ricordato da Dante nel purgatorio) e da Alberto, (marito di Beatrice del Monferrato, sorella di Giordana) solo una figlia femmina Caracosa di Cantacapra, che si sposò con il marchese Alberto di Gavi. Da Guglielmo nacque Maria e da Corrado Selvaggia e Beatrice. Obizzo I morì nel 1186, Obizzo II prima del 1194, Moroello nel 1197, Alberto prima del 1206, Guglielmo morì nel 1220, al ritorno da un viaggio in Sardegna. Diversi poeti occitani varcarono le Alpi verso la metà del sec. XII e, con il liuto e la giga sulle spalle, chiesero ospitalità alle corti delle più note famiglie delle nostre zone. Prima presso i marchesi del Monferrato, poi presso i Malaspina. Alla fine del sec. XII Giraut de Borneil (le maestre dels trobadors) giunse a Oramala. Egli indirizzò una canzone a Moroello Malaspina, primogenito di Obizzo I e capostipite del ramo dello "spino fiorito". Raimbaut de Vaqueiras scrisse una "tenzone" con Alberto Malaspina, fratello di Moroello.
Maria fu amata dal trovatore tolosano Aimeric de Peguilhnan, che da Ferrara inviò al marchese Guglielmo una canzone per chiederne la mano.
Peire Raimon de Tolosa mantenne una corrispondenza con Guglielmo Malaspina.
Negli ultimi anni della corte di Oramala, Uc de Saint Circ e Albertet de Sisteron cantarono le sorelle Selvaggia e Beatrice.

Lo spino secco

Nel 1221, a Menconico, Corrado Malaspina "l'Antico" e suo biscugino Obizzino, figlio di Guglielmo, si divisero i beni famigliari. In tale circostanza Corrado e i suoi discendenti mantennero nello stemma lo spino secco, nero in campo d'oro, mentre Obizzino adottò l'emblema dello spino fiorito (verde con fiori bianchi).
Nell'autunno successivo Corrado e le figlie si trasferirono da Oramala al castello di Mulazzo in Lunigiana.
Beatrice morì giovinetta nel 1225, amata appassionatamente dal perigordino Guilhem de la To (il quale, a sua volta morì di disperazione).
Nel 1264 il vescovo Alberto d'Andito, della famiglia piacentina dei Landi, infeudò Zavattarello, Trebecco e Romagnese al suo consanguineo Ubertino. Questi era un capo ghibellino, un "signore della guerra", era andato in Puglia a combattere con Manfredi d'Altavilla e ne aveva sposato la figlia Isabella, imparentandosi così con la famiglia imperiale sveva. Ubertino Landi conquistò diverse terre del contado piacentino e castelli nelle valli del Trebbia, del Tidone e del Taro, fece di Zavattello una fortezza imprendibile e per quindici anni seminò il terrore nei dintorni. "Faceva la guerra ai piacentini e ai loro seguaci, conquistava castelli e li saccheggiava". Il 29 settembre 1269, ad esempio, Ubertino si spinse sino a Genepreto, ne massacrò i difensori e, lungo la via del ritorno, impegnò nuovamente battaglia con altre truppe piacentine, al comando di Sergio da Nibbiano e Oddino della rocca. Ritornò al suo covo con 33 prigionieri, armi, carriaggi e tre stendardi avversari.

Di Ubertino, temuto signore di Zavattarello, si favoleggiavano truci leggende e le ragazze sognavano di incontrarlo, nelle notti di luna piena, quando sul suo cavallo nero si lanciava giù per i pendii delle colline, come un guerriero delle antiche saghe. Col tempo, però, e con la vecchiaia, decise di cedere i suoi possedimenti ai Guelfi piacentini e scese a vivere in città, dove giunse a morte prima che il prezzo del castello gli fosse interamente pagato.
La saga d'amor cortese delle donne di casa Malaspina si concluse nel 1273, con la morte di Berlanda, moglie di Moroello II. Un giudice genovese compose per lei un'elegia piena di dolcezza e lamentò che fosse scomparso tutto ciò che c'era di bello al mondo.
ALBERTO MALASPINA
Nato tra il 1160 e il 1165, morì quarantenne, prima del 1206.
Fu un protettore zelante di trovatori, come suo cognato, Bonifacio del Monferrato e i suoi nipoti Corrado I e Guglielmo Malaspina. Egli stesso fu valente trovatore ed ebbe fama di corteggiatore dedito ad avventure galanti. Fu soprannominato anche "il Moro" e " lo marches putanier". Famosa è la sua tenzone con Raimbaut de Vaqueiras. Celebre anche l'avventura cavalleresca di Saldina da Mar, che vide Bonifacio del Monferrato e Raimbaut contrapposti ad Alberto.