Cod. 3768

Eracle o Ercole

Dimensioni 70 cm. circa
Statua di ns produzione copia di un esemplare dei musei capitolini


440,00 €

 

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Prezzi esposti al netto d' I.V.A.


Nella mitologia greca, eroe guerriero, noto per la forza e il coraggio e per le sue numerose imprese. Dopo la morte venne accolto dagli dei nell'Olimpo e sposò Ebe, dea della giovinezza, impersonando in tal modo il migliore degli esseri umani, in grado di superare ogni difficoltà grazie alle proprie forze e di sconfiggere persino la morte e la vecchiaia. Pur essendo nato mortale, fu venerato dai greci come un dio. Viene in genere rappresentato come un uomo forte e muscoloso, avvolto in una pelle di leone e armato di clava. Ercole è il suo nome latino.

Secondo il mito, Eracle nacque a Tebe, benché le sue vicende non appartengano in particolare al ciclo tebano. Era figlio di Zeus e di Alcmena, figlia a sua volta del re di Micene, Elettrione. Alcmena era la sposa di Anfitrione, principe di Tirinto e generale tebano. Mentre Anfitrione era impegnato in una spedizione militare, Zeus ne assunse le sembianze e si unì con Alcmena. Quella stessa notte Anfitrione fece ritorno al talamo nuziale, e Alcmena concepì due gemelli: Eracle, figlio di Zeus, e Ificle, figlio di Anfitrione. Le prove di forza di Eracle ebbero inizio pochi istanti dopo la sua nascita: era infatti nato da poco quando la sposa di Zeus, Era, accecata dalla gelosia, decise di uccidere il frutto del tradimento inviando nella sua culla due grossi serpenti, ma il neonato li strangolò.

Da ragazzo Eracle uccise un leone con la sola forza delle mani; in seguito vinse gli abitanti di Orcomeno, liberando Tebe dall'obbligo di versar loro pesanti tributi: come ricompensa gli venne concessa la mano della principessa tebana Megara, figlia di Creonte, dalla quale ebbe tre figli. Era, ancora implacabile nel suo odio verso Eracle, gli causò un attacco di pazzia durante il quale egli uccise moglie e figli. A causa dell'orrore e del rimorso per ciò che aveva fatto, Eracle avrebbe voluto togliersi la vita, ma l'oracolo di Delfi gli predisse che avrebbe potuto purificarsi diventando il servitore del cugino Euristeo, re di Micene. Euristeo, spinto da Era, gli indicò come espiazione il compimento di dodici difficili imprese.

La prima impresa fu quella di uccidere il leone di Nemea, un animale che non poteva essere ferito da alcuna arma: Eracle tramortì il leone con la sua clava, poi lo strangolò, lo scorticò e ne indossò la pelle come corazza e il cranio come elmo.

Quindi uccise l'Idra di Lerna, mostro dalle nove teste ognuna delle quali, se amputata, rinasceva. Per impedire che dal collo mozzo del mostro venisse rigenerata la testa, Eracle cauterizzò le amputazioni con una torcia; poiché una delle nove teste era però immortale, la seppellì sotto una roccia. Immerse infine le sue frecce nel sangue dell'Idra affinché il suo veleno le rendesse letali. <\p>

La terza fatica fu la cattura di una cerva dalle corna d'oro e dagli zoccoli di bronzo, consacrata ad Artemide: per vincerla senza ferirla, l'eroe la inseguì per un anno intero.

La quarta fatica consistette nel catturare con l'astuzia un grosso cinghiale che devastava le pendici del monte Erimanto.

La quinta fatica lo vide impegnato a pulire in un solo giorno il sudiciume lasciato in trent'anni da migliaia di capi di bestiame nelle stalle di Augia: Eracle vi convogliò le acque dei fiumi Alfeo e Peneo deviandone il corso. Successivamente l'eroe decimò e mise in fuga un enorme stormo di uccelli mangiatori di uomini, dalle ali e dagli artigli di bronzo, con cui gli animali uccidevano gli abitanti che vivevano presso il lago di Stinfalo.

Per compiere la settima fatica, Eracle domò e portò a Euristeo un toro impazzito che infestava l'isola di Creta.

Dovette poi catturare le quattro giumente di Diomede, re della Tracia, che si nutrivano di carne umana, uccidendo lo stesso re e conducendo le bestie a Micene.

Ippolita, regina delle amazzoni, volle aiutare Eracle nella sua nona fatica, facendogli dono della propria cintura che Euristeo aveva chiesto per sua figlia; Era però fece credere all'esercito delle amazzoni che Eracle stesse tentando di rapire la loro regina: aggredito dalla furia delle guerriere, l'eroe si difese uccidendo Ippolita, credendola responsabile dell'attacco, e fuggì portando con sé la cintura.

Mentre si recava all'isola di Erizia per catturare i buoi del mostro a tre teste Gerione, sua decima impresa, Eracle pose, in ricordo del suo passaggio, due grandi rocce, che da allora furono dette "colonne d'Ercole", sulle due sponde dello stretto che separa il Mediterraneo dall'oceano Atlantico, l'odierno stretto di Gibilterra, che nell'antichità segnava i limiti del mondo conosciuto.

Dopo aver portato a Euristeo i buoi di Gerione, Eracle venne incaricato di cogliere le mele d'oro delle ninfe esperidi: non sapendo dove queste mele si trovassero, chiese aiuto ad Atlante, padre delle esperidi, che accettò di aiutarlo se in cambio Eracle avesse retto il mondo sulle spalle in vece sua, mentre Atlante raccoglieva le mele. Il vecchio gigante poi non volle riprendere il suo fardello, ma Eracle glielo restituì con un astuto inganno.

La dodicesima, ultima e più difficile fatica costrinse Eracle a scendere agli Inferi per portarne fuori Cerbero, il cane a tre teste. Ade, dio dei morti, diede a Eracle il permesso di prendere la bestia, a patto di non usare armi; Eracle catturò Cerbero con la forza e con l'astuzia, lo condusse da Euristeo e poi lo riportò agli Inferi.

Secondo il tragediografo ateniese Sofocle, che ne narrò le vicende nelle Trachinie, Eracle in seguito sposò Deianira, figlia del re di Calidone, Eneo. Quando il centauro Nesso assalì Deianira, Eracle lo ferì con una freccia avvelenata con il sangue dell'Idra. Il centauro morente consigliò Deianira di raccogliere parte del proprio sangue, convincendola che fosse un potente filtro d'amore; si trattava in realtà di un veleno. Venuta a sapere che Eracle si era innamorato della principessa Iole, Deianira gli inviò una tunica impregnata di quel sangue: quando il suo sposo la indossò, il dolore causato dal veleno fu talmente insopportabile che Eracle si uccise su una pira funeraria. Straziata dal suo errore, anche Deianira si suicidò.