Una delle figure più leggendarie e controverse del mondo antico;
gettò le basi del futuro sistema imperiale romano alla fine
della repubblica.
Nato da famiglia nobile, appartenente alla gens Giulia, era nipote
di Caio Mario, capo dei populares, che aveva sposato la sorella del
padre e la cui influenza fu determinante per il futuro politico di
Cesare. Quando nell82 a.C. il rivale di Mario, Silla, capo del
partito degli optimates, dopo aver vinto la guerra civile ed essere
stato nominato dittatore, ordinò a Cesare di ripudiare la moglie
Cornelia, figlia di Cinna (che era seguace di Mario e quindi nella
lista delle proscrizioni di Silla), egli si rifiutò di sottostare
alle disposizioni del dittatore e perciò fu messo al bando
e dovette allontanarsi da Roma. Vi rientrò nel 78 a.C., dopo
la morte di Silla, ma in seguito si recò a Rodi, dove intraprese
secondo le usanze del tempo studi di retorica.
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Tornato di nuovo a Roma nel 73 a.C., iniziò una brillante
carriera politica: fu questore in Spagna nel 70 a.C., edile nel 65
a.C., pontefice massimo nel 63 a.C., pretore nel 62 a.C. e propretore
in Spagna l'anno seguente. Nel 60 a.C. si unì a Pompeo (del
quale sposò in seconde nozze la figlia) e a Crasso costituendo
il primo triumvirato, accordo politico di natura prettamente privata
che gli spianò la strada verso l'assunzione di maggiori responsabilità
di governo. Console nel 59 a.C., si fece assegnare il proconsolato
dell'Illiria e della Gallia cisalpina e fece votare le leggi agrarie
che, ideate per gratificare con distribuzioni di terre i veterani
di Pompeo, gli assicurarono il sostegno delle classi inferiori; nello
stesso tempo si guadagnò il favore dell'ordine equestre, promuovendo
leggi che migliorassero a favore dei pubblicani le condizioni d'appalto
per la riscossione delle tasse in Oriente. Mostrò dunque di
cercare il consenso soprattutto al di fuori della cerchia della vecchia
aristocrazia senatoria, coerente fin dalle sue prime esperienze politiche,
quando si era schierato in senato dalla parte dei populares.
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Le guerre contro i galli
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Nel 58 a.C. Cesare avviò, prendendo le mosse
dalla difesa dei possedimenti romani nella Gallia meridionale, la
conquista di tutta la Gallia Transalpina, conseguita attraverso le
lunghe e durissime guerre galliche, che gli offrirono tra l'altro
l'occasione di costituire un fedelissimo esercito personale e di assicurarsi
fama e ricchezza; soprattutto la fase finale del conflitto, quando
dovette domare una ribellione antiromana di popoli gallici capeggiata
dal principe arverno Vercingetorige, mise in luce le straordinarie
capacità militari di Cesare, che seppe sconfiggere il nemico
nel proprio territorio con una perdita davvero esigua di legionari.
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La guerra civile
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Morto Crasso, sconfitto e ucciso a Carre (53 a.C.) nel corso di una
spedizione contro i parti, il triumvirato si sciolse e Pompeo, rimasto
solo in Italia, assunse pieni poteri con l'inusitato titolo di "console
senza collega" (52 a.C.). All'inizio del 49 a.C. Cesare, avendo
rifiutato di obbedire agli ordini di Pompeo, appoggiato dal senato,
e di rinunciare al proprio esercito, attraversò in armi il
Rubicone, fiume che delimitava allora l'area geografica che doveva
essere interdetta alle legioni (il pomerium sillano); marciò
poi su Roma terrorizzando il senato e facendosi proclamare dittatore,
carica che mantenne fino all'anno seguente, quando gli fu affidato
il consolato. Pompeo, privo del sostegno militare delle proprie legioni,
stanziate in Spagna, si rifugiò in Grecia; sconfitto a Farsalo,
fuggì in Egitto, dove venne assassinato dagli uomini di Tolomeo
XIV. Esposto alle rivolte del popolo ad Alessandria e ai problemi
di successione, Cesare conferì il trono d'Egitto a Cleopatra
e si preoccupò di domare, negli anni immediatamente successivi,
i restanti focolai di resistenza dei pompeiani.
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La dittatura
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Ormai padrone assoluto di Roma, Cesare ottenne la dittatura (prima
a tempo determinato e poi, forse dal 45 a.C., a vita) e con questa
il comando supremo delle forze armate, cui associò come magister
equitum l'emergente Marco Antonio; fu poi console per cinque anni
(e poi per dieci); e venne infine nominato praefectus morum
carica che di fatto sostituiva quella di censore per tre anni.
Non meno importante fu la progressiva acquisizione delle prerogative
dei tribuni della plebe, dei quali assunse il diritto di veto e l'inviolabilità
personale (sacrosanctitas).
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Lo straordinario accentramento di poteri nella sua persona fu confermato
poi nel 45 a.C. dall'attribuzione a Cesare del titolo permanente di
imperator (comandante generale delle forze armate), che egli poté
esibire come praenomen; ed è ulteriormente testimoniato dalla
presenza di sue statue nei templi, dalla venerazione del suo genius,
dal fatto che un mese dell'anno fosse chiamato Iulius. Cesare non
volle però che si arrivasse a modifiche costituzionali che
trasformassero formalmente lo stato romano in una monarchia, anche
se ciò era sostanzialmente avvenuto.
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Dal 47 al 44 a.C. egli attuò comunque una serie di riforme:
limitò il potere della vecchia aristocrazia, ampliando il numero
dei seggi in senato per destinarne alcuni a membri delle élites
delle province occidentali, e riducendo a vantaggio dei cavalieri
il numero dei senatori nei tribunali per il controllo delle
amministrazioni provinciali; ridusse, col potere che gli derivava
dalle numerose cariche assunte, le prerogative dei comizi e delle
altre magistrature; sciolse le associazioni religiose o professionali,
perché temeva potessero assumere caratteri di eccessiva politicizzazione.
Dal punto di vista economico promosse alcune riforme a favore dei
lavoratori agricoli liberi, riducendo il numero di schiavi e fondando
colonie a Cartagine e a Corinto; promosse numerose opere pubbliche
e la bonifica delle paludi pontine; introdusse inoltre la riforma
del calendario, secondo il corso del sole e non più secondo
le fasi della luna.
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La congiura
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Per timore che Cesare volesse trasferire a un successore i poteri
acquisiti (aveva adottato Ottaviano, il futuro imperatore Augusto),
fu ordita una congiura contro di lui guidata dai senatori Cassio e
Bruto, che lo assassinarono il 15 marzo del 44 a.C. (Idi di marzo).
Cesare venne ucciso proprio quando stava per intraprendere una spedizione
contro i parti, e per lavare così l'onta della sconfitta subita
da Crasso a Carre: dopo aver domato le più fiere popolazioni
d'Occidente i galli gli mancava solo la sottomissione
dei più ostili a Roma tra i popoli orientali i parti
per essere consacrato davvero come l'erede di Alessandro Magno.
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LOPERA LETTERARIA
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La figura di Cesare merita un posto di rilievo anche nella storia
della letteratura latina. Fu infatti brillante oratore, poeta epico
e tragico in età giovanile, autore di uno scritto dargomento
stilistico (De analogia) e di un pamphlet polemico contro Catone Uticense:
la testimonianza di tutto ciò, però, è andata
quasi completamente perduta. Ci restano invece due opere storiografiche,
nelle quali Cesare narra esperienze direttamente vissute: i Commentarii
de bello gallico, sulla guerra di conquista della Gallia, e i Commentarii
de bello civili, sulla guerra che lo oppose a Pompeo.
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Decidendo di scrivere dei commentarii, Cesare fece una scelta letteraria
assai precisa, non aderendo programmaticamente alla concezione ciceroniana
della storiografia come opus oratorium maxime, cioè come "opera
soprattutto letteraria". I commentarii termine latino
che significa "appunto, diario" erano infatti una
sorta di schematica narrazione di eventi o situazioni, e Cesare scrisse
i propri sicuramente prendendo spunto dai suoi "diari di guerra";
è però vero che lo stile asciutto ed essenziale di Cesare,
sulla scia della cultura retorica atticista, non denota certo frettolosa
negligenza, ma una studiata semplicità che riesce a dare incisività
e talora drammaticità alla narrazione delle gesta compiute.
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